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Osteopatia-LE FASCE - PAOLETTI.doc
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29.09.2019
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2) Modalità tecniche

Le tecniche dirette sono segmentali e consistono in un contatto diretto con la zona da trattare, e partendo dalla zona stessa esercitare una pressione o di uno stiramento più o meno forte a seconda della zona o del segmento coivolto,in funzione del soggetto e dell'origine della lesione.

Certi tessuti necessitano di un contatto dolce e di una forza moderata per riprendere la loro libertà. Altri, invece, richiedono un contatto più fermo e una forza più importante per risvegliarsi, come vedremo. In alcune zone la pressione può risultare al limite del tollerabile. Nell'ultimo caso pare che il punto di pressione esercitato per sopprimere la lesione corrisponda all'effetto dell’ago di Lewit: secondo questo studioso, l'efficacia di un trattamento dipende poco dall'agente immesso, ma è collegato piuttosto all'intensità del dolore prodotto nell'area di rilassamento e alla precisione con cui l’ago (il dito) ha localizzato il punto di sensibilità massima.

A proposito del dolore, era stato detto che poteva essere utile ma ingannevole. Nel caso di lesioni fasciali, è praticamente sempre presente, talvolta eccessivamente vivo. Lo si riscontra sempre nelle bande fasciali, nei punti di indurimento isolati o d'inserzione fasciale. Possiamo dire che nei casi di lesione della fascia, il dolore è un elemento di diagnosi e la sua diminuzione o sedazione è un fattore di riuscita del trattamento. Bisognerà tenerne conto, pertanto, dosando l'intensità in funzione del paziente, della zona da trattare o del tipo di lesione. In effetti, se alcuni pazienti lo tollerano bene, altri ne tollerano una soglia minima che dovrà esser presa in considerazione.

In punti come i legamenti plantari, ad esempio, è possibile una pressione assai dolorosa, cosa che è sconsigliata in punti come nella doccia bicipitale.

In ogni caso, praticando un trattamento con una pressione dolorosa, è prudente non prolungarlo oltre certi limiti, altrimenti ne scaturisce una reazione inversa all'effetto cercato. Le tecniche dirette per trattare una fascia si possono quindi riassumere in:

  • p ressione tipo massaggio (pompage);

  • stiramento,

  • pressione tipo scivolamento,

  • caso particolare dei legamenti;

  • tecnica strutturale.

PRESSIONE TIPO MASSAGGIO (fig. 118)

Si applica soprattutto a una zona puntiforme o di estensione limitata: punto di inserzione di una fascia, zona modulare…

Dopo aver identificato esattamente la zona da trattare, occorre applicare una pressione più o meno accentuata (in genere con il pollice) sercitando, nello stesso tempo, uno stiramento e una rotazione del pollice come se si volesse effettuare un massaggio. La pressione dovrà essere progressiva e non brusca, occorre aspettare che le fasce ci diano libero accesso. Per una efficacia ottimale, malgrado il dolore possibile e la pressione, occorrerà seguire il movimento delle fasce che progressivamente ci porteranno al punto massimo.

Mantenere la pressione per qualche secondo e poi iniziare di nuovo la manovra lasciandoci sempre guidare dalle fasce. Spesso è sufficiente per avere un notevole miglioramento una ripetizione di 4 o 5 volte. Questa ripetizione è valida anche per le altre tecniche (salvo quella strutturale) quindi noi consideriamo questo come acquisito. Si sospende poi la tecnica per ritornarci ulteriormente se necessario. Lo scopo di questa tecnica è di reprimere per quanto si può l’indurimento. Occorre immaginarsi di avere fra le dita un corpo friabile che va ridotto progressivamente in polvere.

La fascia si trova in uno stato di siderazione, la pressione tipo masaggio toglie progressivamente questa siderazione. La fascia ritrova la sua motilità e la sua mobilità e molto rapidamente la zona indurita, che ci sembrava una calcificazione, sparisce.

STIRAMENTO (FIG. 119)

Si applica su una banda fasciale o su una porzione di fascia di qualche centimetro. In casi di banda fasciale abbiamo segnalato che questa può essere molto tesa e presentare talvolta un bordo tagliente.

  1. D eterminare due punti estremi della banda

  2. prendere contatto con i polpastrelli di due dita a livello di questi punti ed esercitare una trazione longitudinale nell’asse della banda tenendo conto dei movimenti fasciali.

  3. In un secondo tempo agganciare con una o due dita il bordo tagliente ed esercitare una trazione perpendicolare progressiva tenendo sempre conto del movimento fasciale. Questa seconda manovra sarà più dolorosa della prima; occorrerà dunque saper giocare con il dolore.

Se abbiamo a che fare con una porzione di fascia (in generale si tratterà di una regione profonda o di un piano di separazione di due fasce)

  1. s eguire con le dita delle mani o con i due pollici tutta l’estensione della zona, penetrare progressivamente in profondità fino al punto di contatto

  2. eserciterare una trazione longitudinale attraverso un movimento inverso delle dita di ciascuna mano.

  3. Mantenendo la trazione longitudinale si eserciterà infine una trazione perpendicolare alla fascia.

Occorre sempre tenere conto dei movimenti delle fasce e questo è valido per ciascuna tecnica che vedremo più avanti (fig. 120). Se la tensione è superficiale tipo una cordicella sarà sufficiente una trazione perpendicolare alle fibre. Anche qui si tratterà di togliere lo spasmo alla fascia, sopprimere la sua congestione, e da qui la sua tensione e irritazione. Occorre immaginarsi di avere tra le mani un impasto spesso che si vuole ridurre a un piccola pellicola facilmente mobilizzabile tra le dita.

P RESSIONE TIPO SCIVOLAMENTO

Si esercita sia su una zona arrotondata di grossa misura e fissata in profondità al periostio, sia su una zona di grande lunghezza per esempio la fascia tibiale, sia su una zona di grande lunghezza come una fascia di separazione.

- su una zona estesa (fig. 121)

Far scivolare il dito lungo la fascia esercitando una pressione moderata. Si possono incontrare numerose situazioni:

  1. Possiamo avere a che fare con un aumento delle ondulazioni fasciali: in questo caso eserciteremo una potenza nella pressione, con il pollice, finchè l’ondulazione non si attenua e ci permette di passare a quella seguente. È un po’ come se avessimo a che fare con della carta sgualcita che vorremmo lisciare.

  2. Possiamo essere in presenza di una banda fasciale tesa e attorcigliata; eserciteremmo in questo caso una potenza nella pressione ma aggiungeremmo anche una rotazione come se volessimo riaddrizzare la fascia; quando cade la tensione si può proseguire con lo scivolamento.

  3. i l pollice potrebbe essere frenato da una zona tesa ed edematosa; in questo caso eserciteremo una presione più accentuata con eventualmente un movimento rotatorio finchè la fascia non ci lascia continuare il nostro percorso.

- su una fascia di separazione

C ome nel caso precedente la tecnica consisterà nel far scivolare il pollice nel piano di separazione dellle due fasce. Incontreremo dei segmenti più tesi e dolorosi. Fermeremo in quel punto la nostra progressione esercitando una pressione più accentuata e accompagnata da un movimento rotatorio o di trazione perpendicolare.

- su una zona arrotondata

Si incontra particolarmente nei distretti dove la fascia è direttamente in contatto con il periostio. Si tratta di una zona rotonda, edematosa, sopraelevata e con un punto di fissazione al periostio nel suo centro (fig. 122 e 122 bis). Occorre fare una pressione su tutta il contorno della zona dirigendosi verso il centro; si prende poi contatto con il punto di fissazione e mentre si eserciterà una pressione molto marcata si stirerà in tutti i sensi. Lo scopo di questa tecnica è lo stesso degli altri casi. Per facilitare il trattamento si può immaginare di avere un cubetto di ghiaccio fra le dita da far sciogliere progressivamente. È sempre la ricerca della fluidità.

- legamenti

Rappresentano una categoria a parte per la loro funzione e le modalità di trattamento. Occorre prendere contatto con il pollice in generale ed esercitare poi una pressione perpendicolare allle sue fibre. Quando questo diventa possibile occorre prendere un secondo punto di contatto con l’aiuto del palmo dell’altra mano, con la sua inserzione più accessibile al fine di costituire una coppia con le due mani (una mano esercita una pressione stiramento e l’altra una pressione stiramento variando leggermente la sua posizione per lavorare in ogni piano). Se ne abbiamo la possibilità, dopo aver preso contatto con il legamento, si mobilizza il corpo attorno al legamento per permettere il suo rilasciamento. Vedremo tutto ciò nella tecnica del legamento ileo-lombare. Nel caso di lesione alcuni legamenti diventano molto tesi e alla palpazione. sembrano completamente induriti Occorre quindi ridare loro una certa elasticità.

- strutturale

Le tecniche strutturali restano il trattamento per eccellenza delle fasce soprattutto delle fasce corte e profonde difficilmente accessibili alla palpazione. Una lesione strutturale nella maggior parte dei casi è prima di tuttto una lesione fasciale. Allo stesso modo una disfunzione somatica non può essere mantenuta che dai tessutoi molli circostanti. Questi tessuti si modificano, si fibrotizzano e fissano maggiormente la lesione con la comparsa di fenomeni degenerativi a lungo termine. È evidente che quando abbiamo a che fare con una lesione vertebrale è dificile avere accesso alle fasce profonde e ai loro prolungamenti: i numerosi legamenti periarticolari. Inoltre, se la lesione è vecchia, questi saranno in uno stato di tensione massima, spesso prossima alla calcificazione. La tecnica strutturale in questi casi è la più adatta e certamente la più efficace. Si tratta di realizzare uno stiramento rapido dei tessuti, cosa che permetterà di sopprimere lo spasmo di cui questi sono vittime e di creare un rilasciamento che renderà la libertà all’articolazione.

Tutte le lesioni strutturali non sono unicamente mantenute da un processo fasciale. L’articolazione tibio-carsica, le metacarpo-falangee, le interfalangee in particolare sembrano procedere in altro modo. È certo che la loro lesione si associa ad un fenomeno tissutale ma la liberazione di questo non corregge sempre la lesione. In effetti a livello delle articolazioni si aggiunge un fenomeno di vuoto articolare che unisce le parti dell’articolazione le une contro le altre a mo’ di ventosa. Tutto questo fa sì che se noi non decoattiamo l’articolazione e ricreiamo una certa pressione al suo interno questa non ritornerà funzionale.

LE TECNICHE SPECIFICHE

N on descriveremo sistematicamente tutte le tecniche specifiche delle fasce ma prenderemo alcuni esempi a livello di diverse regioni del corpo per illustrare il principio generale di trattamento fasciale annunciato al capitolo precedente.

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