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Osteopatia-LE FASCE - PAOLETTI.doc
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  1. Struttura anatomica

Ancorata al sistema scheletrico la fascia non rappresenta un semplice tubo costituito da bande verticali o parallele. L’architettura della fascia è formata da più strati sovrapposti e interdipendenti gli uni dagli altri, orientati in parecchie direzioni: verticali, orizzontali e oblique. Tutto ciò al fine di rinforzare la solidità, l’efficacia e di aumentare la resistenza alle sollecitazioni che si esercitano su di essa. Debnar e coll., nel corso dell’analisi di campioni di fascia toraco-lombare, hanno dimostrato che questa è formata numerose lamine di collagene orientate obliquamente le une in rapporto alle altre. Gerlach e Lierse hanno studiato la fascia dell’arto inferiore. A livello della coscia hanno visto che (fig 76):

  1. Nella sua parte anteriore la fascia presenta:

-delle fibre orizzontali che si attaccano al tratto ileo-tibiale e delle altre che vanno posteriormente

-delle fibre verticali nella parte superiore della coscia, che sono intrecciate con le fibre orizzontali

-delle fibre oblique in basso ed in dentro la cui parte inferiore si prosegue sulla parte interna della tibia. Sono più sottili di quelle verticali ad eccezione che a livello delle anche dove sono più forti

  1. nella sua parte posteriore:

-potenti fibre verticali

-fibre orizzontali presenti soprattutto sotto il grande gluteo e nella parte inferiore della coscia (queste terminano nel cavo popliteo); le fibre più basse sono arciformi, dapprima oblique in basso ed in dentro, poi verticali e si continuano con l’aponeurosi tibiale posteriore.

  1. nella sua parte interna:

-costituite da fibre verticali e oblique, queste ultime provenienti dalla fascia lata; presentano un contingente anteriore obliquo in basso ed in avanti e un contingente posteriore obliquo in basso ed in dietro. Le fibre anteriori si confondono con il retinacolo patellare, quelle laterali con il legamento collaterale interno. La parte laterale interna presenta fibre molto resistenti, strette e facilmente palpabili.

  1. nella sua parte esterna:

-delle fibre verticali molto potenti formano il tratto ileo-tibiale. Questo tratto è in connessione con il femore grazie alla membrana interossea esterna. Nella sua parte inferiore entra nella costituzione del retinacolo patellare e del legamento collaterale esterno.

Le fibre della coscia si prolungano a livello della gamba e del piede, dove presentano la stessa architettura. In genarale la fascia dell’arto inferiore e comunque, tutte le fasce, hanno una costruzione a spirale. Questo permette loro di giocare un ruolo “di straccio” nella dinamica dei fluidi, come abbiamo già visto, ma anche di aumentare la capacità di resistenza alle sollecitazioni e di mantenere delle forme anatomiche.

Meccanica generale

  1. Conduzione della sensibilita’

La conduzione della sensibilità, proveniente dalla periferia, arriva al corno posteriore del midollo spinale. Da qui, attraverso le vie intramidollari, è portata verso i centri specifici cerebrali che elaborano l’informazione ed inviano la risposta di ritorno adeguata alla situazione. Questo è uno schema un po’ grossolano, nella realtà le cose sono molto più complesse. Esiste tutta una serie di recettori periferici che si trovano nelle vie di passaggio anatomiche sopra descritte, ma sembra che le vie di conduzione non siano così semplici come si potrebbe pensare e che esistano dei circuiti che attualmente sfuggono a ogni schematizzazione.

Ogni informazione che arriva al corno posteriore del midollo non genera sistematicamente una risposta e questo fortunatamente, altrimenti saremmo in uno stato di agitazione permanente. Perché ci sia una risposta appropriata è necessario che avvenga una sommazione di impulsi. È a partire da questa constatazione che Melzach e Wall hanno elaborato la “teoria del portone”. Esiste nel corno posteriore del midollo un meccanismo regolatore che consente di aumentare o diminuire debitamente gli impulsi nervosi. Questo meccanismo è determinato dall’attività di fibre Aβ e Aδ, oltre che dalle influenze discendenti generate dal cervello. Quando la quantità di informazioni che attraversano il portone oltrepassa una soglia critica, c’è l’attivazione delle zone neurali responsabili del dolore. A livello delle cellule T del corno posteriore arriva tutto un flusso di stimoli; fino ad una certa soglia, le cellule T sono in grado di esercitare un controllo inibitorio e il portone resta chiuso. Quando la sommazione diventa troppo grande il controllo inibitorio è inibito, il portone si apre e compare la sensazione dolorosa.

Tuttavia il meccanismo puramente midollare pone alcuni problemi; infatti il modello del portone è basato su un controllo presinaptico, ma esistono anche delle inibizioni postsinaptiche; ne è prova il fatto che il meccanismo di salvaguardia, ma anche l’arresto della lesione avviene in primo luogo alla periferia, prima ancora dell’intervento dell’arco riflesso. Appare chiaro dunque che non tutte le informazioni vanno verso i centri superiori, ma che vengono trattate anche dai “cervelli periferici”. Così esperimenti effettuati su topi decerebrati hanno dimostrato che questi potevano risolvere dei problemi di labirinto per trovare il cibo. Il midollo sarebbe dotato di memoria, può prendere decisioni e risolvere alcuni problemi. Ma i cervelli periferici sono disposti anche alla periferia e soprattutto a livello delle fasce.

Le fasce sarebbero dei conduttori di una sensibilità superficiale che segue sistemi diversi da quelli midollari; è quello che Bichat chiamava “il simpatico delle membrane”. Così, per esempio, se ci grattiamo a livello della coscia, possono apparire dei punti di irritazione lontani, sulla schiena o altrove. Questa conduzione periferica della sensibilità è perfettamente illustrata in caso di causalgie o di algoallucinosi. Queste due patologie possono generare dei dolori talmente atroci che il soggetto è portato a suicidarsi. Oppure nei casi più ribelli, dopo radicolotomie, simpatectomie, cordotomie o sezioni midollari, si ottiene, a volte, solo una scomparsa transitoria del dolore infatti questo finisce per ritornare con la stessa intensità. Da dove viene? Da dove passa? Sicuramente non dal sistema nervo-midollo che è stato sopresso. Sembra quindi esistere una maglia sensitiva autonoma che costituisce la prima organizzazione periferica, e che funziona in maniera del tutto indipendente.

Un tocco leggero su una zona dolorosa può scatenare dolori atroci, talvolta il dolore si manifesta spontaneamente senza stimoli apparenti. I dolori possono propagarsi in modo imprevedibile in parti lontane del corpo, che non hanno alcun legame con il sito iniziale del dolore. Spesso il dolore persiste a lungo dopo l’arresto dello stimolo. Questo fatto sfugge a qualsiasi spiegazione logica se consideriamo un sistema del dolore specifico, rigido, diretto. Così una vescica in uno stato di semi-replezione è insensibile e non genera lo stimolo ad urinare. La replezione genera il bisogno di urinare grazie ad uno stimolo di eccitazione dei meccanorecettori. In caso di cistite, il bisogno di urinare si scatena con una capacità di replezione molto debole.

L’utero presenta una doppia innervazione. Il corpo innervato da un contingente di fibre dorso-lombari non è doloroso se non in caso di forti dilatazioni, di infezioni importanti, nel parto e durante le mestruazioni in alcune donne. Certamente in questo ultimo caso le fasce sono in uno stato di stimolo massimale e il semplice fatto della congestione mestruale è sufficiente a scatenare il dolore. Il collo è innervato dal plesso ipogastrico ed è sede di intensi dolori anche se viene dilatato di pochi centimetri. Non soltanto i tessuti reagiscono agli stimoli, ma all’interno di uno stesso organo gli stimoli possono generare reazioni del tutto differenti. Appare sempre più evidente che la fascia non è soltanto la sede di una sensibilità, ma che è capace di elaborare l’informazione in maniera del tutto autonoma. Piscinger attribuisce questa regolazione al sistema di base. Essa è assicurata dal mentenimento dell’omeostasi del sistema, ovvero la correzione, con il minimo di perdita di energia, delle deviazioni che risultano dall’intervento di fattori perturbanti.

Questi fattori perturbanti agiscono in generale in modo unilaterale. La mobilità e la funzione sono perturbate nel segmento colpito. Ancor prima dell’apparizione dei disturbi clinicamente espressi, la perturbazione è già installata; essa è caratterizzata da una un aumento di dispendio energetico che assicura la funzione. Poi per via riflessa segmentaria, il danno va in profondità, via viscerosomatica, per guadagnare, con l’installazione della cronicità, tutto il lato omolaterale che si trova così in ipofunzione.

Yahia e coll., nei loro lavori sulla fascia toraco-lombare hanno messo in evidenza dei corpuscoli di Pacini e Ruffini. I corpuscoli di Ruffini sono caratterizzati da un semplice assone ed una arborizzazione dendritica molto densa con le fibre di collagene. I meccanocettori sono localizzati soprattutto nelle zone juxtavascolari e nel tessuto connettivo lasso con dei fasci di collagene denso. Questa conduzione nervosa a livello della fascia sembra essere fatta sia dal sistema parasimpatico che, soprattutto, da quello simpatico e che intervengono non soltanto nella meccanica, ma anche nella biochimica fasciale. Il simpatico, influenzando la circolazione sanguigna ed il metabolismo,influisce sul livello del pH e l’eliminazione degli scarti. Se la fascia possiede il suo sistema di innervazione è perché non è una struttura rigida, ma possiede un certo movimento. Ciò è stato controllato da Yahia e coll., nell’esperienza di stiramento della fascia, che ha messo in evidenza una contrazione spontanea durante lo stiramento, che si traduce in un aumento delle sue proprietà viscoelastiche.

Boabighi e coll., hanno dimostrate che le fibre di collagene sono costituite da ondulazioni regolari, queste sono comparabili nella loro forma alle onde fluide in movimento. La loro ampiezza media è di 6 micrometri e la loro lunghezza d’onda di 60 micrometri. Andiamo a vedere adesso qualche misura effettuata da questi autori

PROPRIETA’ ISTOLOGICHE DELLE APONEUROSI (misure in micron )

STRUTTURA

Diametro dei fasci

ampiezza

Lunghezza d’onda

Aponeurosi brachiale

130

8,5

30

Aponeurosi antibrachiale

155

8,5

30

Retinacolo degli estensori

200

1,5

70

Retinacolo dei flessori

200

1,5

70

Aponeurosi alta dell’obliquo esterno

155

8,5

30

Aponeurosi bassa dell’obliquo esterno

170

5,7

85

Fascia lata anteriore

150

8,5

35

Tratto ileo tibiale

155

4,5

75

Retinacolo estensore della caviglia

285

1,5

80

Dobbiamo dunque considerare la fascia come una struttura dotata di un certo movimento autonomo. L’origine di questo movimento deve essere ricercata nell’embriologia. Lo sviluppo embriologico non è che un movimento continuo che, dopo diversi stadi, porta alla costituzione di un essere umano. Ricordiamoci che all’inizio abbiamo tre foglietti intimamente intricati: ectoblasta, mesoblasta ed endoblasta. Questi tre foglietti subiscono una involuzione che permette loro di costituire lo scheletro, le cavità, gli organi. Questa involuzione si svolge in modo concomitante infatti ogni foglietto migra in parallelo e penetra in quello vicino. Persisterà “la memoria” del movimento continuo, che si ritroverà a livello craniale, viscerale e fasciale. La sua ampiezza sarà all’incirca di 8-14 periodi al minuto, con leggere variazioni a seconda delle zone considerate. Questo movimento continuo permetterà di facilitare gli scambi cellulari oltre che rendere dinamica la meccanica dei fluidi. Sembra che questo movimento sia mantenuto dal sistema nervoso simpatico, la sua diminuzione, la sua assenza o la sua accelerazione costituirà per noi un mezzo di diagnosi di lesione, come vedremo più in là.

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