- •Le fasce Ruolo dei tessuti nella meccanica umana
- •Embriologia
- •Formazione del disco embrionario didermico
- •F ormazione del disco embrionario tridermico
- •Mesoblasta para-assiale
- •Mesoblasta intermedio (fig 8)
- •Le lamine laterali
- •Alla fine del sesto mese il feto è diventato vitale.
- •Meccanismo di sviluppo embrionale
- •I fenomeni isto e biochimici
- •B) I fenomeni biocinetici e biodinamici
- •Campi di corrosione (corrosion fields)
- •Campi di densificazione (densation fields)
- •Campi di contusione (contusion fields)
- •Campi di compressione (distusion fields)
- •Campi di ritenzione (retension fields)
- •Campi di stiramento (dilation fields)
- •Campi lassi paraepiteliali (parathelial loasening fields)
- •Campi di frizione (datraction fields)
- •Anatomia delle fasce cap.2
- •L'aponeurosi epicranica
- •L'aponeurosi cervicale superficiale. (fig 18)
- •Le aponeurosi posteriori.
- •L'aponeurosi anteriore.
- •Fascia iliaca.
- •In sintesi le aponeurosi del tronco.
- •L'aponeurosi della spalla (fig.23)
- •L 'aponeurosi brachiale (fig.24)
- •L'aponeurosi antibrachiale.
- •L 'aponeurosi della mano (fig.26).
- •Le aponeurosi palmari
- •In sintesi le aponeurosi dell'arto superiore.
- •Intermuscolari
- •I nervi cutanei.
- •L'aponeurosi dei glutei.
- •L 'aponeurosi della coscia (fig. 29)
- •Il setto intramuscolare interno
- •Il setto intramuscolare esterno
- •L'aponeurosi della gamba (fig. 30)
- •2) L'aponeurosi profonda
- •In sintesi l'aponeurosi dell'arto inferiore.
- •L'aponeursi cervicale media (fig. 32)
- •In sintesi le aponeurosi cervicali
- •Una profonda
- •La fascia endotoracica (fig. 34)
- •La fascia trasversalis
- •Le fasce endotoracihce e trasversali in sintesi
- •La fascia endo-toracica si articola:
- •La fascia trasversale si articola:
- •A poneurosi perineale superficiale
- •L’aponeurosi perineale media
- •L’aponeurosi perineale profonda (fig 38)
- •Le aponeurosi annesse al perineo (fig 39)
- •Riassumendo le aponeurosi del perineo e del piccolo bacino
- •Fascia traversalis
- •Peritoneo
- •Fascia di Halban lamine sacro-retto-genito-pubiche
- •L’asse aponeurotico centrale
- •L’aponeurosi interpterigoidea
- •Aponeurosi pterigotemporomascellare (fig 44)
- •Aponeurosi palatina
- •Aponeurosi faringea e perifaringea (fig 45)
- •Il pericardio fibroso (fig 47)
- •Il pericardio sieroso
- •Riassumendo l’asse apeneurotico centrale è costituito da:
- •Articolazioni del pericardio
- •A) le pleure
- •1) La pleura viscerale
- •2) La pleura parietale (fig 50)
- •B ) il peritoneo e la cavita’ peritoneale(fig 52)
- •1) Il peritoneo parietale
- •Il peritoneo parietale diaframmatico
- •Il peritoneo parietale posteriore
- •Il peritoneo parietale anteriore
- •Il peritoneo parietale inferiore o pelvico
- •2) Il peritoneo viscerale
- •3) Le diverse pieghe peritoneali
- •I differenti mesi
- •L e fasce
- •I legamenti
- •Gli epiploon
- •La dura madre craniale (fig 55)
- •La dura madre rachidea (fig 56)
- •La pia madre craniale
- •La pia madre rachidea
- •Aracnoide craniale (fig 58)
- •A racnoide rachidea (fig 59)
- •Anatomia microscopica ed istologica
- •Anatomia microscopica dei tessuti connettivi di sostegno
- •Il tessuto connettivo (fig 61)
- •La sostanza fondamentale
- •Il tessuto osseo
- •D) il tessuto muscolare
- •Il tessuto del sistema nervoso centrale
- •I nervi periferici (fig 64)
- •Sistema di unione intercellulare
- •Relazioni tra epitelio e tessuto connettivo (fig 65)
- •Differenziazione cellulare e specializzazione funzionale
- •Differenti strati di pelle (fig 66)
- •Ruolo della pelle
- •I stologia del tessuto connettivo le parti che costituiscono il tessuto connettivo
- •Le cellule del tessuto connettivo
- •I differenti tipi di tessuto connettivo
- •Patologia delle fasce
- •Le collagenosi
- •Altre affezioni delle fasce
- •Le cicatrici
- •Aderenze e immobilita’
- •Ruolo delle fasce
- •Sospensione e protezione
- •1)Sospensione
- •2)Protezione
- •Contenimento e separazione
- •1)Contenimento
- •2)Separazione
- •Assorbimento degli urti
- •Ammortizzazione di pressioni
- •Struttura biochimica
- •Componente elastica
- •Tessuto grasso
- •Struttura anatomica
- •Meccanica generale
- •Conduzione della sensibilita’
- •Particolarita’morfologiche
- •Mantenimento della postura
- •Catene fasciali
- •Ruolo delle catene
- •Ruolo di trasmissione (fig 78)
- •Ruolo di coordinazione e armonizzazione
- •Ruolo di ammortizzazione
- •Principali catene fasciali
- •Le catene esterne
- •Le catene interne
- •La catena meningea (fig 84)
- •Grandi punti di ammortizzazione (fig 85)
- •Il cingolo scapolare
- •Le catene lesionali
- •Catene lesionali discendenti
- •Catene lesionali ascendenti
- •Protocollo del test
- •Il contatto manuale
- •Trovarsi in sintonia col soggetto.
- •I test d'ascolto
- •1) La normalità
- •L'ascolto in piedi.
- •4) L'ascolto degli arti inferiori.
- •Ascolto dell’articolazione del ginocchio e della caviglia
- •A scolto coscia-gamba (fig 89)
- •A scolto globale degli arti inferiori (fig 90)
- •Ascolto degli arti superiori
- •Ascolto braccio-avanti-braccio (fig 91)
- •A scolto globale dell’arto superiore (fig 92)
- •Ascolto dell’addome
- •Ascolto del torace
- •P arte inferiore del torace (fig 93)
- •Parte superiore del torace (fig 94)
- •Ascolto globale del cingolo scapolare (fig 95)
- •A scolto del bacino (fig 96)
- •Ascolto delle fasce dorsali (fig 97)
- •Ascolto craniale
- •Le membrane intracraniali
- •Le membrane esocraniali e loro prolungamenti
- •Meningi rachidee (figg. 98 e 99)
- •A scolto antero-posteriore (fig 101 e 101 bis)
- •Lo stress
- •Zone particolari
- •Cranio e cervicali
- •Dorsale superiore
- •Coccige
- •Regione epigastrica
- •Cicatrici
- •Punti di impatto degli urti
- •Test palpatori e di mobilità
- •Test palpatori
- •Cambiamenti di struttura
- •Il dolore
- •Test di mobilita’
- •Scopo del test
- •Test a grande braccio di leva
- •Test segmentari
- •A livello cutaneo
- •Test delle fasce periferiche
- •Test dell’addome
- •Cicatrici ed aderenze
- •Casi particolari
- •I legamenti ileo-lombari (fig 115)
- •I piccoli e grandi legamenti sacro-ischiatici
- •I l legamento comune vertebrale anteriore (fig 116)
- •I legamenti cervico-pleurali (fig 117)
- •Cronologia dei test
- •Scopi del trattamento
- •Modalita' e principi
- •L'induzione
- •Principio
- •2) Modalità tecniche
- •Trattamento diretto
- •Principio
- •2) Modalità tecniche
- •L’arto inferiore
- •Il legamento plantare (fig. 123)
- •L a fascia della gamba (fig. 124)
- •La coscia
- •A livello esterno (fig. 125)
- •A livello interno (fig. 126)
- •Lo sciatico (fig. 127)
- •Il bacino
- •Il legamento ileo-lombare (fig 129)
- •Il legamento lombo-sacrale
- •La regione dorsale
- •La regione ventrale
- •Il legamento vertebrale comune anteriore (fig 133)
- •I visceri
- •Il diaframma
- •L’arto superiore
- •A livello dell’avambraccio (fig. 137)
- •A livello del gomito (fig. 138)
- •Il braccio(fig 139)
- •A livello della spalla (fig. 140)
- •Il collo
- •Il cingolo scapolare (fig. 141)
- •Le cartilagini
- •I legamenti cervico-pleurali (fig. 145)
- •Il cranio Il cuoio capelluto (fig 146 e 146 bis)
- •L a giunzione occipito-cervicale (fig 147)
- •Lavoro globale delle fasce superiori (fig 148)
- •L ’asse duromadrico vertebrale (fig. 149)
- •R iequilibrio antero-posteriore (fig. 151)
- •Lo stress
- •Le cicatrici e le aderenze
- •Cronologia del trattamento
- •Indicazioni e controindicazioni
- •Embriologia pg 2
- •Differenziazione dei foglietti e determinazione dell’embrione pg 5
- •Anatomia delle fasce pg 17
- •Asse aponeurotico centrale pg 59
- •Test delle fasce
Struttura anatomica
Ancorata al sistema scheletrico la fascia non rappresenta un semplice tubo costituito da bande verticali o parallele. L’architettura della fascia è formata da più strati sovrapposti e interdipendenti gli uni dagli altri, orientati in parecchie direzioni: verticali, orizzontali e oblique. Tutto ciò al fine di rinforzare la solidità, l’efficacia e di aumentare la resistenza alle sollecitazioni che si esercitano su di essa. Debnar e coll., nel corso dell’analisi di campioni di fascia toraco-lombare, hanno dimostrato che questa è formata numerose lamine di collagene orientate obliquamente le une in rapporto alle altre. Gerlach e Lierse hanno studiato la fascia dell’arto inferiore. A livello della coscia hanno visto che (fig 76):
Nella sua parte anteriore la fascia presenta:
-delle fibre orizzontali che si attaccano al tratto ileo-tibiale e delle altre che vanno posteriormente
-delle fibre verticali nella parte superiore della coscia, che sono intrecciate con le fibre orizzontali
-delle fibre oblique in basso ed in dentro la cui parte inferiore si prosegue sulla parte interna della tibia. Sono più sottili di quelle verticali ad eccezione che a livello delle anche dove sono più forti
nella sua parte posteriore:
-potenti fibre verticali
-fibre orizzontali presenti soprattutto sotto il grande gluteo e nella parte inferiore della coscia (queste terminano nel cavo popliteo); le fibre più basse sono arciformi, dapprima oblique in basso ed in dentro, poi verticali e si continuano con l’aponeurosi tibiale posteriore.
nella sua parte interna:
-costituite da fibre verticali e oblique, queste ultime provenienti dalla fascia lata; presentano un contingente anteriore obliquo in basso ed in avanti e un contingente posteriore obliquo in basso ed in dietro. Le fibre anteriori si confondono con il retinacolo patellare, quelle laterali con il legamento collaterale interno. La parte laterale interna presenta fibre molto resistenti, strette e facilmente palpabili.
nella sua parte esterna:
-delle fibre verticali molto potenti formano il tratto ileo-tibiale. Questo tratto è in connessione con il femore grazie alla membrana interossea esterna. Nella sua parte inferiore entra nella costituzione del retinacolo patellare e del legamento collaterale esterno.
Le fibre della coscia si prolungano a livello della gamba e del piede, dove presentano la stessa architettura. In genarale la fascia dell’arto inferiore e comunque, tutte le fasce, hanno una costruzione a spirale. Questo permette loro di giocare un ruolo “di straccio” nella dinamica dei fluidi, come abbiamo già visto, ma anche di aumentare la capacità di resistenza alle sollecitazioni e di mantenere delle forme anatomiche.
Meccanica generale
Conduzione della sensibilita’
La conduzione della sensibilità, proveniente dalla periferia, arriva al corno posteriore del midollo spinale. Da qui, attraverso le vie intramidollari, è portata verso i centri specifici cerebrali che elaborano l’informazione ed inviano la risposta di ritorno adeguata alla situazione. Questo è uno schema un po’ grossolano, nella realtà le cose sono molto più complesse. Esiste tutta una serie di recettori periferici che si trovano nelle vie di passaggio anatomiche sopra descritte, ma sembra che le vie di conduzione non siano così semplici come si potrebbe pensare e che esistano dei circuiti che attualmente sfuggono a ogni schematizzazione.
Ogni informazione che arriva al corno posteriore del midollo non genera sistematicamente una risposta e questo fortunatamente, altrimenti saremmo in uno stato di agitazione permanente. Perché ci sia una risposta appropriata è necessario che avvenga una sommazione di impulsi. È a partire da questa constatazione che Melzach e Wall hanno elaborato la “teoria del portone”. Esiste nel corno posteriore del midollo un meccanismo regolatore che consente di aumentare o diminuire debitamente gli impulsi nervosi. Questo meccanismo è determinato dall’attività di fibre Aβ e Aδ, oltre che dalle influenze discendenti generate dal cervello. Quando la quantità di informazioni che attraversano il portone oltrepassa una soglia critica, c’è l’attivazione delle zone neurali responsabili del dolore. A livello delle cellule T del corno posteriore arriva tutto un flusso di stimoli; fino ad una certa soglia, le cellule T sono in grado di esercitare un controllo inibitorio e il portone resta chiuso. Quando la sommazione diventa troppo grande il controllo inibitorio è inibito, il portone si apre e compare la sensazione dolorosa.
Tuttavia il meccanismo puramente midollare pone alcuni problemi; infatti il modello del portone è basato su un controllo presinaptico, ma esistono anche delle inibizioni postsinaptiche; ne è prova il fatto che il meccanismo di salvaguardia, ma anche l’arresto della lesione avviene in primo luogo alla periferia, prima ancora dell’intervento dell’arco riflesso. Appare chiaro dunque che non tutte le informazioni vanno verso i centri superiori, ma che vengono trattate anche dai “cervelli periferici”. Così esperimenti effettuati su topi decerebrati hanno dimostrato che questi potevano risolvere dei problemi di labirinto per trovare il cibo. Il midollo sarebbe dotato di memoria, può prendere decisioni e risolvere alcuni problemi. Ma i cervelli periferici sono disposti anche alla periferia e soprattutto a livello delle fasce.
Le fasce sarebbero dei conduttori di una sensibilità superficiale che segue sistemi diversi da quelli midollari; è quello che Bichat chiamava “il simpatico delle membrane”. Così, per esempio, se ci grattiamo a livello della coscia, possono apparire dei punti di irritazione lontani, sulla schiena o altrove. Questa conduzione periferica della sensibilità è perfettamente illustrata in caso di causalgie o di algoallucinosi. Queste due patologie possono generare dei dolori talmente atroci che il soggetto è portato a suicidarsi. Oppure nei casi più ribelli, dopo radicolotomie, simpatectomie, cordotomie o sezioni midollari, si ottiene, a volte, solo una scomparsa transitoria del dolore infatti questo finisce per ritornare con la stessa intensità. Da dove viene? Da dove passa? Sicuramente non dal sistema nervo-midollo che è stato sopresso. Sembra quindi esistere una maglia sensitiva autonoma che costituisce la prima organizzazione periferica, e che funziona in maniera del tutto indipendente.
Un tocco leggero su una zona dolorosa può scatenare dolori atroci, talvolta il dolore si manifesta spontaneamente senza stimoli apparenti. I dolori possono propagarsi in modo imprevedibile in parti lontane del corpo, che non hanno alcun legame con il sito iniziale del dolore. Spesso il dolore persiste a lungo dopo l’arresto dello stimolo. Questo fatto sfugge a qualsiasi spiegazione logica se consideriamo un sistema del dolore specifico, rigido, diretto. Così una vescica in uno stato di semi-replezione è insensibile e non genera lo stimolo ad urinare. La replezione genera il bisogno di urinare grazie ad uno stimolo di eccitazione dei meccanorecettori. In caso di cistite, il bisogno di urinare si scatena con una capacità di replezione molto debole.
L’utero presenta una doppia innervazione. Il corpo innervato da un contingente di fibre dorso-lombari non è doloroso se non in caso di forti dilatazioni, di infezioni importanti, nel parto e durante le mestruazioni in alcune donne. Certamente in questo ultimo caso le fasce sono in uno stato di stimolo massimale e il semplice fatto della congestione mestruale è sufficiente a scatenare il dolore. Il collo è innervato dal plesso ipogastrico ed è sede di intensi dolori anche se viene dilatato di pochi centimetri. Non soltanto i tessuti reagiscono agli stimoli, ma all’interno di uno stesso organo gli stimoli possono generare reazioni del tutto differenti. Appare sempre più evidente che la fascia non è soltanto la sede di una sensibilità, ma che è capace di elaborare l’informazione in maniera del tutto autonoma. Piscinger attribuisce questa regolazione al sistema di base. Essa è assicurata dal mentenimento dell’omeostasi del sistema, ovvero la correzione, con il minimo di perdita di energia, delle deviazioni che risultano dall’intervento di fattori perturbanti.
Questi fattori perturbanti agiscono in generale in modo unilaterale. La mobilità e la funzione sono perturbate nel segmento colpito. Ancor prima dell’apparizione dei disturbi clinicamente espressi, la perturbazione è già installata; essa è caratterizzata da una un aumento di dispendio energetico che assicura la funzione. Poi per via riflessa segmentaria, il danno va in profondità, via viscerosomatica, per guadagnare, con l’installazione della cronicità, tutto il lato omolaterale che si trova così in ipofunzione.
Yahia e coll., nei loro lavori sulla fascia toraco-lombare hanno messo in evidenza dei corpuscoli di Pacini e Ruffini. I corpuscoli di Ruffini sono caratterizzati da un semplice assone ed una arborizzazione dendritica molto densa con le fibre di collagene. I meccanocettori sono localizzati soprattutto nelle zone juxtavascolari e nel tessuto connettivo lasso con dei fasci di collagene denso. Questa conduzione nervosa a livello della fascia sembra essere fatta sia dal sistema parasimpatico che, soprattutto, da quello simpatico e che intervengono non soltanto nella meccanica, ma anche nella biochimica fasciale. Il simpatico, influenzando la circolazione sanguigna ed il metabolismo,influisce sul livello del pH e l’eliminazione degli scarti. Se la fascia possiede il suo sistema di innervazione è perché non è una struttura rigida, ma possiede un certo movimento. Ciò è stato controllato da Yahia e coll., nell’esperienza di stiramento della fascia, che ha messo in evidenza una contrazione spontanea durante lo stiramento, che si traduce in un aumento delle sue proprietà viscoelastiche.
Boabighi e coll., hanno dimostrate che le fibre di collagene sono costituite da ondulazioni regolari, queste sono comparabili nella loro forma alle onde fluide in movimento. La loro ampiezza media è di 6 micrometri e la loro lunghezza d’onda di 60 micrometri. Andiamo a vedere adesso qualche misura effettuata da questi autori
PROPRIETA’ ISTOLOGICHE DELLE APONEUROSI (misure in micron )
STRUTTURA |
Diametro dei fasci |
ampiezza |
Lunghezza d’onda |
Aponeurosi brachiale |
130 |
8,5 |
30 |
Aponeurosi antibrachiale |
155 |
8,5 |
30 |
Retinacolo degli estensori |
200 |
1,5 |
70 |
Retinacolo dei flessori |
200 |
1,5 |
70 |
Aponeurosi alta dell’obliquo esterno |
155 |
8,5 |
30 |
Aponeurosi bassa dell’obliquo esterno |
170 |
5,7 |
85 |
Fascia lata anteriore |
150 |
8,5 |
35 |
Tratto ileo tibiale |
155 |
4,5 |
75 |
Retinacolo estensore della caviglia |
285 |
1,5 |
80 |
Dobbiamo dunque considerare la fascia come una struttura dotata di un certo movimento autonomo. L’origine di questo movimento deve essere ricercata nell’embriologia. Lo sviluppo embriologico non è che un movimento continuo che, dopo diversi stadi, porta alla costituzione di un essere umano. Ricordiamoci che all’inizio abbiamo tre foglietti intimamente intricati: ectoblasta, mesoblasta ed endoblasta. Questi tre foglietti subiscono una involuzione che permette loro di costituire lo scheletro, le cavità, gli organi. Questa involuzione si svolge in modo concomitante infatti ogni foglietto migra in parallelo e penetra in quello vicino. Persisterà “la memoria” del movimento continuo, che si ritroverà a livello craniale, viscerale e fasciale. La sua ampiezza sarà all’incirca di 8-14 periodi al minuto, con leggere variazioni a seconda delle zone considerate. Questo movimento continuo permetterà di facilitare gli scambi cellulari oltre che rendere dinamica la meccanica dei fluidi. Sembra che questo movimento sia mantenuto dal sistema nervoso simpatico, la sua diminuzione, la sua assenza o la sua accelerazione costituirà per noi un mezzo di diagnosi di lesione, come vedremo più in là.