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Osteopatia-LE FASCE - PAOLETTI.doc
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29.09.2019
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  1. I legamenti cervico-pleurali (fig 117)

Sono tre e fissano il diaframma cervico-toracico alla prima costa e alle vertebre cervicali. Da dietro in avanti sono:

  • il legamento costo-pleurico;

  • il legamento trasverso-pleurico

  • il legamento vertebro-pleurico.

Nella normalità questi legamenti sono difficilmente individualizzabili ma in caso di tensione si possono facilmente sentire.

I l soggetto è in decubito supino e il terapista è dietro la testa del soggetto. Per facilitare la palpazione, per esempio a destra, occorre sollevare leggermente la testa del paziente con una latero-flessione destra. Con il pollice destro che passa davanti al trapezio si va a livello della apofisi trasversa di D1, dunque del legamento costo-pleurale; poi descrivendo un arco di circonferenza da dietro in avanti si cerca di individuare gli altri fasci. Questa palpazione può avvenire in posizione seduta ma sarà più difficile da realizzare a causa delle tensioni fasciali che sopraggiungeranno. Ricordiamoci che il ganglio stellato è situato in prossimità del legamento costo-pleurale e che quest’ultimo termina in modo bifido (questa biforcazione dà passaggio alla radice D1).

Cronologia dei test

Quando abbiamo da testare una zona qualunque del corpo è bene seguire un certo ordine per ottimizzare le informazioni.

  • prima di tutto occorre saper osservare e, come abbiamo già detto, ciò può essere molto istruttivo;

  • in seguito occorre fare il test di motilità che permette sia di rassicurare il paziente sia di entrare il contatto con i suoi tessuti;

  • infine si procede all’esecuzione del test palpatorio e di mobilità.

Ci teniamo a ripetere che sarebbe dannoso limitarsi a un solo parametro. La diagnosi osteopatica deve essere una diagnosi di convergenza, cioè accumulare il massimo di informazioni cliniche, radiologiche, biologiche, test di ascolto e di mobilità e questo per affermare con la minima possibilità di errore l’origine dei lamenti del paziente.

TRATTAMENTO DELLE FASCE

Scopi del trattamento

Ogni aggressione, qualunque sia l’origine, sarà seguite da una modificazione in seno ai tessuti (cambiamento della struttura che diventerà granulosa, edematosa, indurita, con aumento della sensibilità miofasciale). Queste modificazioni attraverso dei fenomeni biochimici e meccanici genereranno una disfunzione delle fasce che genererà a sua volta un cambiamento nel comportamento fisiologico di un segmento o di un organo.

Bednar e Coll hanno constatato dei cambiamenti degenerativi nelle fasce che consistono in una separazione dei fasci di collagene con formazione di tessuto misto oltre a infiltrazioni di linfociti e di plasmacellule. In alcuni pazienti si ha una proliferazione vascolare con una anomalia capillare a spese della lamina basale esterna, in altri pazienti si ha la presenza di microcalcificazioni.

Se l’aggressione è troppo forte o se persiste troppo a lungo abbiamo visto che va a perturbare gli scambi tra la sostanza fondamentale e la cellula. Questo fenomeno darà origine ad una irregolarità della cellula nel suo interno e questa irregolarità si evolve verso la cronicità o la patologia. Una delle principali cause di disfunzioni fasciali è attribuita ai traumi. In caso di trauma importante devono essere considerate le fasce di tutto il corpo. Il cambiamento del tessuto può essere immediato o intervenire nella notte o nei giorni seguenti all’incidente. Il trattamento dei traumi deve essere intrapreso il più rapidamente possibile e iniziare preferibilmente attraverso un lavoro tissutale.

Le modificazioni in seno al tessuto connettivo si ripercuoteranno sul sistema simpatico e sensitivo. Questa situazione genererà degli influssi afferenti perturbati, essi stessi all’origine di uno stato di facilitazione midollare creando così un circolo vizioso automantenuto. La facilitazione delle vie simpatiche genererà una perturbazione della secrezione ghiandolare, della vasomotricità, delle funzioni dei visceri….

Questo aumento del tono simpatico può rivelarsi dannoso. Nella normalità il sistema nervoso simpatico gioca un ruolo importante negli aggiustamenti di protezione e di adattamento dell’ambiente interno in rapporto alle variazioni dell’ambiente esterno, al lavoro muscolare, allo stress emozionale….il simpatico inibisce l’attività dei visceri che non sono immediatamente implicati in queste situazioni e diminuisce il debito di sangue in questi visceri e nella pelle a favore dei muscoli striati. Questi periodi sono in generale brevi e seguiti da periodi di riposo. Una simpaticotonia permanente genera una riduzione del debito di sangue, una inibizione delle attività della secrezione, uno spasmo degli sfinteri….. e tutto ciò termina con una lesione o a una disfunzione degli organi coinvolti.

Bisogna notare che le manifestazioni cliniche possono cambiare con il tempo. Una iperidrosi può dar luogo a una ipoidrosi, un angiospasmo può lasciare il posto ad una atonia vasomotrice con stasi, infiammazione, edema…. Ciò vuol dire che lo stato cronico inizia a produrre dei cambiamenti degenerativi, inizialmente può anche non persistere una simpaticotonia evidente o addirittura essere mascherata in qualche modo.

A livello delle ghiandole endocrine una simpaticotonia prolungata modificherà le risposte normali dei tessuti agli ormoni circolanti, inoltre l’ischemia locale che la simpaticotonia genera a livello di tessuti endocrini potrà produrre degli effetti estesi e allontanati dalla zona facilitata.

I processi che si svolgono a livello del segmento facilitato fanno sì che una volta installata, la facilitazione può persistere a lungo dopo la scomparsa dell’irritazione che aveva scatenato inizialmente il processo. In funzione di questi dati appare che una lesione a livello del tesuto connettivo, se è persistente, genererà più o meno a lungo termine un fenomeno lesionale automantenuto, in un secondo tempo dall’entrata in gioco di un sistema neurologico che è esso stesso all’origine di uno stato di facilitazione; si crea così un circolo vizioso che se non verrà interrotto porterà a dei fenomeni degenerativi che perturbano le funzioni fisiologiche.

Lo scopo di un trattamento osteopatico sarà dunque quello di interrompere questo circolo vizioso correggendo gli spasmi, le tensioni, le irritazioni dei tessuti, oltre che lo stato di simpaticotonia, tutto ciò affinchè le fasce ritrovino pienamente il loro stato funzionale.

La liberazione dei tessuti e la correzione delle posture sono di grande importanza per il mantenimento di una buona emodinamica. Se questa emodinamica non è perturbata, gli scambi dei tessuti possono avvenire normalmente. I tessuti saranno ben vascolarizzati e riceveranno dunque tutti gli elementi necessari alla loro funzione (ormoni, proteine…..). i prodotti di scarto relativi al loro metabolismo potranno essere eliminati evitando la stasi locale fonte di disfunzioni. Il sistema neurologico libero da tutte le forzature potrà esprimersi pienamente per facilitare gli scambi e veicolare le informazioni necessarie al mantenimento dell’omeostasi. Dobbiamo dunque sorvegliare che i tessuti siano liberi da tutte le forzature perché queste sono fonte di disfunzioni che con il tempo genererebbero fenomeni degenerativi. Così per esempio se le fasce attorno ad un’articolazione esercitano una sollecitazione mantenuta nel tempo potrà esserci una perturbazione della lubrificazione articolare. Questa perturbazione sarà all’origine di una degenerazione che porterà alla fine ad un’usura precoce dell’articolazione. Il test fasciale consiste, come abbiamo detto, nel decifrare il messsaggio emesso dal tessuto. Quando questo messaggio sarà integrato e compreso il trattamento che ne deriva dovrà apportare una risposta adeguata alle informazioni ricevute.

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