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Il problema dei costi assicurativi e legali

Vista l'entità dei rischi che comportano, nella maggior parte di paesi le centrali nucleari non possono essere assicurate solamente da assicuratori privati, a causa degli alti costi prospettati nel caso di un incidente grave. Nel 2005 il governo statunitense ha fissato a 300 milioni di dollari la cifra massima stipulabile per un'assicurazione in questo campo, mentre il rischio di un grave incidente nucleare sarebbe molto maggiore (anche se questo non è successo nel caso di Three Mile Island). Per questo motivo i governi devono sostenere le spese assicurative[22]. Questa pratica è simile a quella per le banche, che sono anch'esse sostenute con garanzie pubbliche per risarcire i risparmiatori in caso di fallimento.

La legge Price-Anderson Act, la prima legge completa al mondo sulla responsabilità nucleare, è fondamentale nella risoluzione della questione della responsabilità per gli incidenti nucleari dal 1957. Viene rinnovata ogni dieci anni circa, con un forte sostegno bipolare, e stabilisce che gli operatori individuali sono responsabili per due livelli di copertura assicurativa:

  1. il primo livello riguarda l'obbligo per ogni sito nucleare di sottoscrivere una polizza con copertura di 300 milioni di dollari presso assicuratori privati;

  2. al secondo livello, se richiesto, fanno fronte congiuntamente tutti gli operatori di reattori degli Stati Uniti; questo livello viene finanziato con pagamenti retroattivi fino a 96 milioni di dollari per ogni reattore, raccolti in rate annue di 15 milioni e adeguate tenenedo conto dell'inflazione.

La cifra totale supera i 10 miliardi di dollari (il ministero dell'energia fornisce 9,5 miliardi per le proprie attività nucleari). Indipendentemente dalla responsabilità, il Congresso, in qualità di assicuratore ultimo, deve decidere come disporre i risarcimenti nel caso in cui le richieste avanzate superino la cifra coperta di 10 miliardi. Nel 2005, la legge è stata nuovamente rinnovata dal Congresso all'interno della Legge sulla politica energetica del 2005.

Una critica che talvolta viene sollevata è che più di 40 anni di ricerca non sono riusciti a creare un settore abbastanza sicuro da coprire i propri costi assicurativi. I sostenitori del nucleare tuttavia asseriscono che questo problema verrà risolto da progetti più sicuri come il reattore nucleare modulare pebble bed.

Confronto con altre fonti energetiche

L'economicità dell'energia nucleare dipende anche dai costi delle fonti alternative: per questo in molti paesi, se l'energia atomica non è popolare, in tempi di crescita dei prezzi per i combustibili fossili, le argomentazioni a sostegno dell'energia nucleare riemergono[23].

In alcuni luoghi, specialmente dove le miniere di carbone sono molto lontane dagli impianti, l'energia atomica è meno costosa, mentre in altri risulta avere un prezzo all'incirca pari o maggiore. Gli stessi paragoni possono essere fatti con gas e petrolio.

Inoltre, il costo dichiarato di molte energie rinnovabili aumenterebbe se fosse inclusa la fornitura delle fonti di riserva necessarie nei periodi in cui la natura intermittente di sole, vento, onde, eccetera non permette di produrre energia. Considerando questo è stato calcolato che l'energia eolica, una delle più grandi speranze per l'abbandono del nucleare, costerebbe il triplo del costo medio dell'elettricità in Germania[24]. D'altro canto il collegamento di tutte le reti elettriche nazionali permette di compensare le carenze di produzione temporanee di un luogo con le eccedenze di un altro, rendendo gestibili le problematiche di tali fonti. Va poi evidenziato che la produzione da fonte solare sarebbe perfetta per l'alimentazione di impianti di condizionamento in quanto l'assorbimento di energia sarebbe "sincronizzato" con la disponibilità.

Questioni di politica energetica

Generalità

In alcune nazioni possono non esserci alternative, secondo alcuni. Come dicono dei francesi, «non abbiamo carbone, noi non abbiamo petrolio, noi non abbiamo gas, noi non abbiamo scelta»[25]. I critici dell'abbandono dell'energia nucleare sostengono che le centrali nucleari non potrebbero essere sostituite e prevedono una crisi energetica, oppure sostengono che soltanto il carbone potrebbe sostituire l'energia nucleare, ma le emissioni di CO2 aumenterebbero spaventosamente (con l'uso del petrolio e dei combustibili fossili) e si dovrebbe importare energia prodotta o dal nucleare o dal petrolio. L'energia nucleare non è stata sostanzialmente toccata dagli embarghi, e l'uranio è estratto in paesi "sicuri"[non chiaro] quali l'Australia e il Canada, al contrario di altri.

Per quanto riguarda i costi, è noto che negli ultimi anni le materie prime fossili come il petrolio hanno avuto un incremento notevole, che ha portato per esempio nel 2005 il costo medio dell'energia elettrica negli Stati Uniti a 5 centesimi di euro il kW.h[26]. Nella produzione di elettricità da nucleare, il costo del combustibile è, almeno attualmente, una voce non preponderante del complesso dei costi (costruzione, sicurezza, ecc.).

Secondo alcuni, le ragioni della rinuncia all'uso di questa fonte energetica sono da cercare più che altro nelle forti pressioni che la lobby del petrolio esercita sui governi[27], dal momento che il ricorso all'energia nucleare porterebbe a una significativa riduzione della dipendenza dai carburanti fossili, e naturalmente dai gruppi industriali che basano le loro attività sul loro commercio.

Disponibilità di uranio

Pastiglie (pellet) di ossido d'uranio da inserire nella barra di combustibile

È difficile stimare con precisione le riserve di uranio ancora estraibile in maniera economica. Alcuni considerano che le riserve basteranno ancora per alcuni decenni ai prezzi attuali. Alcune stime parlano poi di riserve accertate di uranio economicamente sfruttabile con le tecnologie attuali basteranno ancora per un millennio, valutandole in 200 Gtep (miliardi di tonnellate di petrolio equivalenti), contro i 300 Gtep complessivi di petrolio e gas naturale[28].

Per circa cinque decenni, dal 1950 al 2000, il prezzo dell'ossido di uranio naturale (Uraninite UO2 e Pechblenda U3O8, detta anche yellowcake) è stato generalmente basso e comunque quasi sempre in discesa considerando i prezzi al netto dell'inflazione[29], fatta eccezione per la seconda metà degli anni settanta, quando salì al pari di quello di tutte le altre materie prime in seguito alle crisi petrolifere del 1973 e 1979[30]. Tale situazione favorevole era chiaro segno di una sempre maggiore disponibilità nonostante la costante crescita dei consumi.

Tuttavia, nel primo decennio del nuovo secolo tale andamento si è bruscamente invertito, facendo crescere il prezzo del materiale fino a livelli mai raggiunti in precedenza (anche considerando l'effetto inflativo sul dollaro)[29]: in pochi anni si è passati dai meno di 10$/lb del 2002 agli oltre 130$/lb di metà 2007[31], con un successivo calo attorno agli 85$/lb nel corso del 2008 aumento dovuto a causa della concomitanza fra nuovi programmi nucleari e chiusura di alcune miniere canadesi, che ha portato ad una contrazione dell'offerta[senza fonte]

Le centrali elettronucleari attualmente consumano circa 81.000t di ossido di uranio[32], che è poi in seguito leggermente arricchito (2%-4%), contro una produzione di 60.000[33]. Molti speculatori scommettono su un rialzo a breve termine del prezzo dell'uranio e quindi investono il proprio denaro in diritti di sfruttamento; le società di estrazione stanno valutando l'idea di riaprire molte miniere o filoni abbandonati in passato poiché antieconomici (ad esempio l'estrazione dai fosfati) e che ora possono al contrario risultare molto profittevoli[34]. Si ritiene che questo repentino aumento del prezzo sia dovuto alla riduzione dell'uranio proveniente dallo smantellamento delle armi nucleari russe e dall'aumento della richiesta dell'uranio che ha ridotto le scorte dei produttori. L'aumento delle attività estrattive dovrebbe altresì ridurre il costo della materia prima[35] che al 2001 (prima della rivalutazione degli ultimi anni) incideva solo per il 5-7% del totale dei costi della produzione di energia nucleare[36].

Esiste anche la possibilità teorica di estrarre l'uranio dall'acqua del mare secondo lo schema ideato dal giapponese T. Kato. Qualora tale sistema arrivasse a maturazione tecnica ed economica, la disponibilità di uranio diventerebbe pressoché illimitata su scala umana, ma al momento questo processo risulta antieconomico rispetto all'estrazione mineraria. Altra strada è l'estrazione di uranio dalle ceneri delle centrali a carbone, strada già intrapresa con successo in Cina[37]

Al di là della quantità di uranio disponibile nel mondo, esistono alcune tipologie di reattori nucleari già disponibili commercialmente che attenuano o eliminano del tutto la necessità di disporre di nuovo uranio da miniera.

Essi sono precipuamente tre:

  1. i reattori che possono utilizzare il MOX come combustibile;

  2. i reattori autofertilizzanti veloci (FBR, Fast Breeder Reactor) a ciclo uranio-plutonio che innalzano significativamente l'efficienza di utilizzo dell'uranio considerato che essi producono più combustibile di quanto ne consumino[38]. L'innovazione introdotta da questa tecnologia sfrutta la conversione dell'isotopo non fissile uranio-238 (circa 140 volte più abbondante dell'isotopo fissile con numero di massa 235) in plutonio-239. Tuttavia il plutonio (a seconda della sua composizione isotopica, e se molto povero di isotopi differenti dal plutonio-239) è materiale adatto alla realizzazione di armamenti, è in generale classificato come tossico se inalato o ingerito, per via della sua radioattività e per il fatto di essere un metallo pesante,[39][40][41] la sua produzione è problematica a causa della complessità degli specifici reattori impiegati. Uno di questi reattori era il francese Superphénix (di proprietà ENEL per il 30%), oggi chiuso per problemi politici[42] e per aver concluso il suo ciclo di sperimentazione, mentre altri sono tuttora operativi. Ultimamente l'interesse è cresciuto perché il progressivo esaurimento dell'uranio ed il suo aumento del prezzo potrebbe renderli molto convenienti e sono quindi in corso studi per nuove generazioni che si prevede possano essere disponibili a partire dal 2030;

  3. i reattori autofertilizzanti a neutroni lenti che utilizzano il torio miscelato all'uranio come combustibile nucleare attraverso un procedimento di fertilizzazione del torio-232 (per trasformarlo in uranio-233 fissile) simile a quello del ciclo uranio-plutonio. Poiché il torio è più comune dell'uranio nella crosta terrestre, esso potrebbe dunque fornire combustibile nucleare per ulteriori secoli. Un altro vantaggio è nei riguardi della proliferazione visto che non sono state ancora studiate tecniche per produrre armi nucleari a partire dagli scarti del ciclo torio-uranio. In India sono allo studio reattori autofertilizzanti di questo tipo. La scelta di questo combustibile è dovuta alla buona presenza di miniere sfruttabili nel suo territorio[43].

In chiave futura, anche altre tipologie di centrali nucleari, se arriveranno a maturazione tecnica e commerciale, potranno rendere ancora più ininfluente la questione della disponibilità di uranio. Esse consistono principalmente in:

  1. reattori a fissione veloci di quarta generazione (previsti per il 2030) che useranno come combustibile metalli diversi dall'uranio;

  2. amplificatore di energia (in inglese EA, Energy Amplifier o anche ADS, Accelerator Driven System), basato sulla fissione assistita sottocritica, che userà solo il torio come combustibile (date le difficoltà di funzionamento riscontrare fino a ora e soprattutto la scarsa quantità di energia che tale reattore produce, esso sembra però molto più utile per bruciare le scorie radioattive prodotte da un tradizionale reattore LWR, come previsto dai progetti TRASCO[44] ed EUROTRANS);

  3. reattori a fusione termonucleare (calda), con in prima fila il progetto ITER che si stima possa produrre un primo prototipo funzionante (denominato "DEMO") entro il 2050;

  4. reattori a fusione nucleare fredda (che, allo stato attuale però, sono una totale incognita come d'altronde la stessa fusione nucleare fredda ).

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