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Il costo dell'energia elettrica da fonte nucleare

Costo del kWh elettrico per diverse fonti di produzione secondo uno studio del MIT condotto nel 2009.

Le moderne esperienze dimostrano come il costo di generazione del singolo kWh elettrico rimane incerto fino all'effettivo avvio dell'impianto in quasi tutti i paesi occidentali. Anche se a preventivo i costi di costruzione incidono tra il 70% [15] e l'80% [16] del valore dell'energia elettrica generata solo ad impianto avviato è possibile imputare il maggiore onere di finanziamento dovuto ai ritardi di costruzione. I costi del carburante e quelli gestionali incidono quindi per la restante parte (20-30%). Le oscillazioni di mercato dell'uranio continuano ancora ad avere scarsa influenza sul prezzo finale dell'energia generata.[17].

Nel 2008, per esempio, Areva dichiarò che il costo del combustibile dei suoi reattori EPR incideva solo per il 17% sui costi di generazione.[18] Al gennaio 2010, secondo la World Nuclear Association (WNA), il costo indicativo totale di 1 kg di UO2 (uranio in forma combustibile per un tasso di bruciamento (burnup) pari a 45 000 MWd/MTU) era di 2555 $/kg, mentre il costo del minerale raffinato (8,9 kg di U3O8), necessario a produrre 1 kg di ossidio di uranio combustibile, era pari a 1028 $/kg, circa il 40% del costo finale del carburante nucleare,[18] da cui deriva che l'incidenza sui costi di generazione elettrica è pari a 0,0071$/kWh. Le variazioni di prezzo al dettaglio del minerale di estrazione raffinato (yellowcake) hanno un'influenza modesta sui costi totali di generazione.

Un recente (2009) studio del Massachusetts Institute of Technology[19] ha evidenziato, per gli impianti di nuova costruzione, che il costo del kWh nucleare è superiore a quello di gas e carbone. Tali costi di generazione elettrica sono cresciuti negli ultimi anni anche se quelli relativi al nucleare meno rispetto a quelli di gas e carbone. Le principali differenze tra i costi di generazione delle centrali nucleari e di quelle a gas e carbone sono le seguenti:

  • le centrali nucleari richiedono un investimento significativamente più consistente delle altre;

  • negli Stati occidentali i tempi di costruzione subiscono lunghe ed imprevedibili dilatazioni nei tempi dovute a proteste popolari e problemi di progetto (fenomeni "non presenti" in paesi quali Corea del Sud, Giappone e Cina);

  • oltre ai frequenti maggiori costi derivanti dai ritardi nell'entrata in esercizio, ha valutato gli oneri finanziari in partenza superiori per le centrali nucleari rispetto alle altre, in quanto scontano i maggiori rischi con saggi di interesse più alti a favore degli investitori (interessi sui capitali prestati valutati al 10% per il nucleare contro il 7.8% per gas e carbone ed intero costo dell'impianto finanziato senza soldi propri).

Conclude affermando che: «Ridurre o eliminare questo premio di rischio fornisce un contributo significativo a rendere competitivo nucleare. Con il premio di rischio e senza una carbontax, il nucleare è più costoso sia del carbone (senza CCS) o gas naturale (a 7 $/MBTU). Se questo premio di rischio può essere eliminato, il nucleare diminuisce il suo costo e diventa competitivo con il carbone e gas naturale, anche in assenza di carbontax. Il report del 2003 trova che una riduzione del capitale iniziale è possibile ma non provata [...] e che il premio di rischio è eliminabile, solo con dimostrate performances [nella costruzione degli impianti nei termini preventivati]».

Anche la localizzazione del sito influenza gli esiti economici di una centrale: in presenza di un alto numero di centrali nucleari e di una filiera produttiva già attiva (come negli USA) il costo unitario di generazione risulta più basso.

Costo dell'elettricità per varie fonti alla generazione secondo studio del MIT del 2003 ed aggiornamento del 2009

Costo di costruzione $/KW

Costo carburante $/mmBtu

Caso base c$/kWh

con aggiunta di Carbontax a 25$/tCO2 c$/kWh

Stessi interessi sul finanziamento c$/kWh

Studio del 2003, è stato utilizzato il valore del $ del 2002

Nucleare

2000

0.47

6.7

5.5

Carbone

1300

1.20

4.3

6.4

Gas

500

3.50

4.1

5.1

Studio del 2003 con aggiornamento del 2009, è stato utilizzato il valore del $ del 2007

Nucleare

4000

0.67

8.4

6.6

Carbone

2300

2.60

6.2

8.3

Gas

850

7.00

6.5

7.4

Al costo di creazione dell'impianto, manutenzione, produzione elettrica e smantellamento (quest'ultima voce ha un range estremamente ampio di costi per kWe, visto che le variabili in ballo sono la potenza, la tipologia e la vita operativa dell'impianto) ci sono da aggiungere i costi di smaltimento dei rifiuti. Questi costi sono ancora non chiari visto che non si sono ancora trovate soluzioni definitive operanti per il lungo periodo per le scorie di III categoria (caso differente per quelle di I e II, di cui esistono molti siti di stoccaggio già funzionanti da decenni); infatti sono o in fase di studio o in fase realizzativa alcuni depositi definitivi, ma nessuno di questi è ancora attivo. Dentro questa variabile c'è da aggiungere il fattore di riprocessamento del combustibile esausto, questo da una parte diminuisce notevolmente il volume delle scorie radioattive da dover stoccare, dall'altro diminuisce notevolmente il periodo di radiotossicità, visto che è eliminato il Plutonio che decade molto lentamente ed è molto radiotossico, dando quindi minori problemi per lo stoccaggio (ma non eliminandoli).

Bilancio energetico dell'elettronucleare

Non è possibile dire con assoluta certezza il bilancio energetico di tutta la fonte nucleare, perché il processo completo, dall'estrazione del combustibile sino alla fissione, può consumare più energia di quella prodotta. In aggiunta a questo non tutto l'uranio minerario deriva unicamente da miniere di uranio ma in parte è anche un sottoprodotto di altre lavorazioni minerarie (è il caso di parte dell'uranio del Sud Africa o della miniera australiana di Olympic Dam), in cui è di difficile calcolo il costo energetico della sola produzione di uranio separata dalla produzione degli altri minerali.

Questo bilancio energetico finale viene chiamato EROEI e per una centrale nucleare può variare da meno di 1 (resa negativa) fino ad arrivare a 100 o oltre (rapporto molto conveniente). I fattori che portano a ciò sono molteplici: la concentrazione del minerale nella roccia, l'arricchimento del combustibile, la modalità di arricchimento (la diffusione gassosa consuma sui 2500kWh per SWU, contro i circa 60kWh della centrifugazione), la vita dell'impianto (essendo il costo energetico della costruzione e del decommissioning fissi, si spalmano su una produzione elettrica più o meno ampia), il rapporto di conversione del reattore (più è alto, più uranio non fissile riesci a bruciare, e se >1 il reattore diventa autofertilizzante), l'efficienza energetica del reattore. Un EROEI negativo può essere conveniente solo in alcuni ambiti, quali la propulsione navale militare, visto che consente di concentrare tantissima energia in pochissimo volume.

Esternalità

Il nucleare avrebbe anche uno dei più bassi costi esterni, ad esempio in termini di ambiente e persone, anche se stime di questo genere sono estremamente inaffidabili perché il costo principale, e cioè il confinamento per secoli o millenni di migliaia di tonnellate di rifiuti radioattivi in siti sicuri (insieme allo smantellamento delle centrali vecchie), presenta incognite insuperabili. Per i sostenitori dell'energia atomica, invece, essa è la sola fonte di energia che nei costi totali include esplicitamente i costi stimati per il contenimento delle scorie e per lo smantellamento dell'impianto (ma questi costi sono difficilmente stimabili e le passate stime al ribasso costringeranno i governi a spendere denaro pubblico per pagare lo smaltimento dei rifiuti pericolosi), e il costo dichiarato degli impianti a combustibile fossile è basso in modo fuorviante per questo motivo; il protocollo di Kyōto, inserendo nei costi le esternalità ambientali a livello di effetto serra, dovrebbe correggere questo punto: il nucleare, considerando gli effetti esterni associati a ogni modo di produrre energia, sarebbe quindi un modo economicamente competitivo e rispettoso dell'ambiente per produrre energia rimpiazzando i combustibili fossili[20]. Secondo alcune stime, nel Regno Unito per esempio i costi esterni per il nucleare, per quanto riguarda effetto serra, salute pubblica, salute sul lavoro e danni materiali, ammontano a 0,25 centesimi di euro al kWh, cioè poco più che per l'eolico (0,15 centesimi di euro per kWh), ma molto meno che per il carbone (da 4 a 7 centesimi di euro per kWh), il petrolio (da 3 a 5 centesimi di euro per kWh), il gas (da 1 a 2 centesimi di euro per kWh) e le biomasse (1 centesimo di euro per kWh)[21].

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